Le Sezioni unite, a scioglimento del contrasto giurisprudenziale sul tema, hanno enunciato il principio di diritto in base al quale il delitto di stalking non può essere contestato laddove sia già stata applicata, in caso di omicidio, l’aggravante specifica degli atti persecutori.
In attesa di leggere le motivazioni, l’informazione provvisoria n. 13 diffusa in data 15 luglio 2021 riferisce che è stato enunciato il principio di diritto secondo il quale la fattispecie del delitto di omicidio, realizzata a seguito di quella di atti persecutori da parte dell’agente nei confronti della medesima vittima, contestata e ritenuta nella forma del delitto aggravato ai sensi degli artt. 575 e 576, comma primo, n. 5.1, c.p., punito con la pena edittale dell’ergastolo, integra un reato complesso, ai sensi dell’art. 84, comma primo, c.p., in ragione della unitarietà del fatto.
L’intervento delle Sezioni Unite si è reso necessario a seguito del contrasto giurisprudenziale sorto in seno alle Sezioni Semplici.
Secondo un primo orientamento, il delitto di stalking non era assorbito in quello di omicidio aggravato da atti persecutori in quanto non sussisteva una relazione di specialità tra siffatte fattispecie di reato (Cass. Sezione I, sentenza n. 20786/2019).
Un secondo orientamento invece aveva affermato il principio secondo cui, sussistendo un concorso apparente di norme, il delitto di omicidio aggravato da atti persecutori assorbiva integralmente il disvalore insito nella condotta di stalking (Cass. Sezione III, sentenza n. 30931/2020).
Ebbene, le Sezioni Unite hanno inteso aderire a tale ultimo orientamento.
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